Tasse non pagate cosa fà l'Agenzia delle Entrate

Tasse non pagate: cosa fa l’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate dispone di validi strumenti per individuare e riscuotere le tasse non pagate. Anagrafe Tributaria, risparmiometro, pignoramento dei beni personali, dei crediti, dello stipendio, della pensione, della casa etc.

Il problema delle tasse non pagate è molto ricorrente tant’è che in Italia l’evasione fiscale continua ad essere elevata. Tasse non pagate volontariamente o per impossibilità. Privati e aziende soffocate dalle tasse che decidono di non pagare per aver un maggior reddito alla fine dell’anno o costretti a non pagare perché non hanno soldi a sufficienza. Ma come vengono individuate? Quali le conseguenze per il contribuente? Cosa succede se diventi evasore fiscale? Se anche tu ti stai ponendo le stesse domande questo è l’articolo che fa per te. Devi sapere infatti, che gli strumenti a disposizione dell’Agenzia dell’Entrate (Ade) per il contrasto dell’evasione fiscale sono molteplici e se non hai pagato le tasse il fisco potrebbe presentarti il conto seppur in un arco di tempo circoscritto, per via dei termini di decadenza e prescrizione. Il pagamento delle tasse è un obbligo tributario dal quale difficilmente potrai esimerti.

In questo articolo ti spiegherò, in modo non esaustivo come il Fisco individua le tasse non pagate e come le riscuote se non vi provvedi in modo spontaneo. Ma anche quando e in che modo può aggredire i tuoi beni e i tuoi crediti con il pignoramento e mettere in atto il fermo dell’auto, e l’ipoteca sulla casa.

Indice

  1. Tasse non pagate come vengono individuate dall’Agenzia dell’Entrate?
  2. Accertamento delle tasse non pagate
  3. L’Agenzia delle Entrate può obbligarti a pagare le tasse non pagate? In che modo?
  4. Quando l’Agenzia dell’entrate può chiederti le tasse non pagate?

Tasse non pagate come vengono individuate dall’Agenzia dell’Entrate?

Se hai deciso di non pagare le tasse sappi che l’Agenzia delle Entrate (Ade) e la Guardia di finanza sono sempre a lavoro per scovare gli evasori fiscali. Tra i loro compiti vi è infatti quello di individuare i soggetti che violano la normativa tributaria e quindi anche chi non paga le tasse ad esempio non dichiarando i redditi. A tal fine dispongono di poteri, mezzi e strumenti che gli consentono di individuare il furbetto di turno con poca fatica.

Anagrafe tributaria e controlli

Non pagare le tasse nella speranza di non essere individuato è oggi un azzardo. La probabilità di essere scoperto è molto alta, anche per via dell’esistenza dell’Anagrafe tributaria [1], una banca dati informatica che mette a loro disposizione informazioni di vario genere, dalle dichiarazioni, agli atti amministrativi, ai contratti [2], i ricorsi; ai contratti stipulati con gestori di telefonia, fissa e mobile, energia, gas e acqua, assicurazioni, etc. Ma anche quei dati forniti, per obbligo di legge, da banche, poste e altri intermediari finanziari [3] e che formano l’ Anagrafe dei conti correnti e dei rapporti finanziari.

Le banche, in particolare, comunicano i dati sui movimenti di conto corrente e altre informazioni utili ai controlli fiscali [4]. In base ai dati a disposizione, il fisco può controllare se sul conto corrente ci sono accrediti che non corrispondono con il reddito dichiarato. La mancata corrispondenza può far presumere l’esistenza di redditi in nero e dare inizio ad un controllo fiscale. Oltre alle informazioni relative al conto corrente, nell’anagrafe confluiscono quelle di libretti di risparmio, conti deposito, cassette di sicurezza, titoli di stato, obbligazioni, azioni, polizze assicurative, fondi pensione, fondi di gestione collettiva del risparmio, mutui e finanziamenti etc.

È grazie all’incrocio di questi dati che l’Agenzia dell’Entrate individua i contribuenti a maggior rischio di evasione, che sono successivamente controllati ed eventualmente accertati. Le informazioni della banca dati possono quindi essere usate solo per creare delle liste selettive di contribuenti e non per controlli a tappeto.

Risparmiometro

Altro strumento per stanare gli evasori, che parte dai dati della Superanagrafe dei conti correnti (come saldo ad inizio e fine anno, giacenza media e movimenti in entrata e uscita) è il risparmiometro un algoritmo, con il quale l’Agenzia è in grado di individuare i casi di incoerenza tra redditi dichiarati e risparmi accumulati, che a seguito di un confronto con il contribuente può dare avvio ai controlli.

Ad esempio se percepisci solo reddito da lavoro e questo è accumulato per intero nel tuo conto corrente, senza effettuare alcun prelievo nel corso dell’anno, si forma un eccesso di risparmio. L’Ade si chiederà quindi, con quali soldi hai vissuto? A questo punto scatterà la presunzione della disponibilità di contanti relativi a redditi non dichiarati. L’uso di presunzioni fa si che il contribuente sia dunque evasore fino a prova contraria. Sarai quindi tu contribuente a doverti discolpare dalle accuse del fisco.

Adesso che hai chiaro come l’amministrazione finanziaria individua un contribuente che non ha pagato le tasse, vediamo cosa succede in seguito.

Accertamento delle tasse non pagate

L’Ade una volta individuato il potenziale evasore rinvia le attività di controllo più approfondite agli uffici locali, i quali avviano se del caso l’attività di accertamento anche sentendo eventualmente il contribuente in contraddittorio. L’ufficio preposto quantificherà, dunque, l’imposta evasa avvalendosi delle diverse forme di accertamento [5]. Tra cui il redditometro e lo spesometro. A questo punto ti ritroverai a dover pagare non solo l’importo delle tasse che non hai pagato a suo tempo, ma anche sanzioni e interessi che fanno aumentare l’importo complessivo da versare.

L’avviso di accertamento

L’amministrazione finanziaria si preoccuperà di farti ricevere un avviso di accertamento che contiene l’intimazione ad adempiere al pagamento entro 60 giorni. Se non rispondi all’invito di pagamento le somme dovute, a seguito dei controlli e dell’accertamento, vengono iscritte a ruolo ovvero nell’elenco dei suoi debitori che verrà poi trasmesso all’Agente di riscossione.

Se non hai pagato l’Iva e o le imposte dirette, irpef, ires e irap, riceverai, invece un avviso d’accertamento esecutivo contenente l’avvertimento che decorsi 30 giorni dal termine di pagamento la riscossione delle somme sarà affidata all’agente di riscossione e che si procederà all’avvio dell’esecuzione forzata dopo ulteriori 180 giorni dall’affidamento. Ciò vuol dire che l’esecuzione forzata verrà avviata direttamente cioè senza emettere la cartella.

Se vuoi sapere come evitare un accertamento del tuo conto corrente e delle spese leggi al seguente link : https://www.fiscobusiness.it/accertamento-fiscale-come-evitarlo/

Se anche questa volta il pagamento non viene effettuato la situazione si complica. E vediamo il perché.

L’Agenzia delle entrate può obbligarti a pagare le tasse?

Riscossione coattiva tasse

Se non hai pagato le tasse neanche dopo aver ricevuto l’avviso d’accertamento, esecutivo e non, in un certo senso potresti essere obbligato a farlo. L’amministrazione finanziaria dispone, infatti, di strumenti di riscossione coattiva che ti illustrerò qui di seguito e che mette in atto per mezzo dell’Agenzia dell’entrate-riscossioni.

Le conseguenze per te che non hai pagato le tasse non fanno altro che aggravarsi poiché la somma da pagare è aumentata anche dal compenso dovuto all’Agente della riscossione, oltre agli interessi di mora. Quindi ricapitolando l’importo originario delle tasse da pagare è incrementato da sanzioni, interessi e aggio.

Ma cosa succede se non paghi l’avviso d’accertamento? L’Agente della riscossione ti comunicherà la presa in carico delle somme relative all’accertamento esecutivo, mentre per le somme risultanti dal comune avviso d’accertamento non esecutivo ed iscritte a ruolo emetterà la cartella di pagamento con l’invito ad adempiere entro 60 giorni. Allo scadere del termine, se non hai pagato o rateizzato o presentato ricorso avvierà la procedura di riscossione coattiva, con la possibilità di mettere in atto le misure cautelari del fermo dell’auto, l’iscrizione d’ipoteca, e avviare l’esecuzione forzata per mezzo del pignoramento mobiliare, immobiliare e dei crediti.

Pignoramento beni

Ma cosa rischi con l’esecuzione forzata? Se possiedi beni mobili o immobili, questi possono essere pignorati, quindi sottratti alla tua disponibilità e venduti all’asta, così da recuperare le tasse non pagate. Lo Stato inoltre non è più vincolato all’esecuzione prima dei beni mobili e dopo di quelli immobili, per via del fatto che i beni trovati a casa del debitore hanno quasi sempre un basso valore.

Pignoramento beni mobili

Il pignoramento dei beni mobili riguarderà quelli di proprietà del contribuente disponibili presso l’abitazione e nei locali dove svolge l’attività lavorativa. Per i beni indispensabili per l’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione anche se svolta in forma societaria e in ogni caso se nell’attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro, il pignoramento può avvenire nei limiti di 1/5 e quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni non appare sufficiente per la soddisfazione del credito [6].

Stipendio e crediti

Se sei un lavoratore dipendente anche il tuo stipendio, salario e le altre indennità non sono al sicuro. Esse sono pignorabili in misura variabile pari a 1/10, 1/7 e 1/5 a seconda dell’importo del debito fino a 2.500 euro, da 2.500 a 5.000 e per importi superiori a 5.000 euro [7].

È possibile anche il pignoramento dei crediti da te vantati verso un soggetto terzo, ciò significa che il tuo creditore effettuerà il suo pagamento all’agente di riscossione entro i limiti dell’importo dovuto [8].

Pignoramento immobili

Unica tutela prevista dal legislatore è il divieto di pignorare l’immobile che possiede determinate caratteristiche, ovvero:

  1. l’unico immobile di proprietà;
  2. immobile adibito ad uso abitativo in cui il contribuente ha la residenza anagrafica;
  3. immobile non di lusso, non una villa, castello o immobile di pregio artistico o storico.

Mentre gli altri immobili possono essere pignorati solo se:

  • il debito fiscale iscritto a ruolo supera i 120mila euro;
  • sono passati 6 mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non ha pagato [9].

Misure cautelari

L’Agente della riscossione per indurre il contribuente a pagare quanto dovuto e a garanzia del proprio credito può a seconda dei casi iscrivere il fermo dell’auto nel Pubblico registro automobilistico [10] con il conseguente divieto di circolazione o iscrivere l’ipoteca sui beni immobili del debitore nei registri immobiliari.

L’iscrizione dell’ipoteca potrà avvenire solo se l’importo complessivo del credito è pari o superiore a 20mila euro.

L’iscrizione non è però immediata, in entrambi i casi, l’agente dovrà inviare al contribuente un ulteriore comunicazione che lo avverte dell’iscrizione in mancanza del pagamento delle somme dovute entro 30 giorni.

In più l’agente della riscossione può mettere in atto ogni altra azione esecutiva, cautelare o conservativa che l’ordinamento attribuisce al creditore.

Quando l’Agenzia dell’entrate può chiederti le tasse non pagate?

Il fisco non può rincorrerti per tutta la vita per incassare le sue tasse.

Il rischio di subire un accertamento per le tasse non pagate è infatti limitato nel tempo e varia in base al tipo di illecito commesso. Ciò significa che la notifica dell’avviso di accertamento deve avvenire entro il termine di decadenza.

Se le tasse non pagate derivano da un dichiarazione sui redditi, irap o Iva presentata ma irregolare, a partire dall’anno d’imposta 2016, il legislatore stabilisce che il diritto all’accertamento può esercitarsi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Se invece la dichiarazione non è stata mai presentata o è nulla il termine è spostato al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata. Detti termini sono raddoppiati in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per reati tributari. Purché la denuncia non sia presentata oltre la scadenza ordinaria dei termini di accertamento. Diversi termini sono previsti per le altre fattispecie. 

Una volta impedita la decadenza con l’intervenuto accertamento e notifica del relativo avviso, diviene operante la prescrizione del diritto di credito tributario. L’Ade avrà un tempo di dieci anni per recuperare l’importo dovuto dell’Irpef, Iva o Ires prima che il diritto alla riscossione si estingua. In questo caso si parla di prescrizione decennale.

Mentre la prescrizione delle sanzioni, interessi, tributi comunali come Tasi, Tari e Imu ma anche tributi regionali, contributi Inps e Inail è di cinque anni. Se invece non hai pagato il  bollo auto il termine di prescrizione è di soli tre anni a partire dall’anno successivo a quello in cui il bollo è scaduto.

Salvo che nel frattempo non sia intervenuto un atto volto a mettere in mora il debitore che interrompe la prescrizione ad esempio una notifica di iscrizione d’ipoteca.

Note

[1] Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 605 del 29 settembre 1973; [2] Art. 20 del D.P.R. 605/1973; [3] Articoli 6 e 7 del D.P.R. 605/73; [4] Art.7 comma 6 del D.P.R. 605/73; articolo 11 comma 2 D.L. 201/2011; [5] D.P.R. 600/73 per i redditi d’impresa, D.P.R. 633/1972 per l’Iva; [6] Art.62 co.1 del D.P.R. 602/1973; [7] Art. 72-ter del D.P.R. 602/73; [8] Art.72-bis del D.P.R. 602/73; [9] Art.76 del D.P.R. 602/73.

Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay

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2 risposte a “Tasse non pagate: cosa fa l’Agenzia delle Entrate”

  1. Avatar Maria
    Maria

    Tutto molto chiaro. Ottimo!

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